“La vigilia di un grande salto nella storia”

articolo: Voce Isontina – Selina Trevisan
foto: Ilaria Tassini

“Stiamo vivendo la vigilia di un grande salto nella storia dell’umanità. Lo vivranno soprattutto i vostri figli e nipoti. Pensate a loro; dovete fare l’impossibile per farli vivere con spirito di apertura, di costruzione. Non con senso del cupo ma con senso di rassicurazione”.
Di grande impatto le parole pronunciate da Paolo Mieli, giornalista e saggista, già direttore del “Corriere della Sera”, ospite lo scorso 10 giugno della rassegna “Europa, culture in dialogo. Superare i confini per essere Capitale di una Cultura europea”, promossa dall’Arcidiocesi di Gorizia all’interno del programma di Go!2025.
L’incontro, ospitato presso il Kulturni Center Lojze Bratuž di Gorizia e realizzato in collaborazione con I Visionari – Comunità di Impegno pubblico, Città dell’Uomo Aps, Zadruga Goriška Mohorjeva, SKGZ – Slovenska kulturno-gospodarska zveza/Unione Culturale Economica Slovena, Kulturni Center Lojze Bratuž e Kulturni dom di Gorizia, media partner i quotidiani Il Piccolo e Messaggero Veneto del Gruppo NEM – Nord Est Multimedia, è stato introdotto dal saluto di Franka Žgavec, presidente del KCLB, e dell’arcivescovo di Gorizia, Carlo Roberto Maria Redaelli.
A prendere la parola quindi i moderatori della serata, Mauro Ungaro, direttore del settimanale diocesano Voce Isontina, e Ivan Portelli, presidente dell’Istituto di Storia Sociale e Religiosa di Gorizia, che hanno presentato e introdotto Paolo Mieli, sollecitandolo già con le prime domande: “Guardando alla situazione in Europa – ha chiesto Portelli – oggi troviamo una condizione di debolezza; come mai è così debole e fatica a esprimere la sua identità politica sullo scenario internazionale?”. “Provo un dolore atroce per ciò che accade nel mondo – le parole di Mieli -, considero però una grande fortuna vivere in un periodo come questo”. Ha quindi spiegato il perché di questa riflessione: “dopo la fine della Guerra Fredda non c’è stato spazio per l’elaborazione di quanto accaduto, è mancato lo spazio per prendere consapevolezza di noi. Sono quindi arrivate la pandemia prima e le guerre subito dopo e ci siamo dovuti scoprire: dal 2020 ad oggi ci è toccato rivivere la storia dell’umanità, che ci ha messi di fronte alla parte più profonda di noi stessi. Dopo lo shock iniziale, abbiamo vissuto l’apprensione interiore, ora osserviamo ed elaboriamo. Però è un bene, perché nella storia tutte le volte che queste situazioni si sono presentate ne è nato un ’rinascimento’. È un periodo che ci obbliga a sciogliere i “grumi” che abbiamo dentro di noi e a vivere un futuro libero da essi”.
Mauro Ungaro ha quindi sollecitato Mieli chiedendo al giornalista se “Il progetto dell’Europa, l’Europa di Schuman, esiste ancora?”. “Era illusorio il progetto di Schuman – le parole del saggista – l’Europa dopo la caduta del Comunismo è stata costruita un po’ “a vanvera”, ossia senza un progetto sottostante di costruzione della società. È adesso il grande momento dell’Europa. Oggi ciò che i Paesi che potremmo chiamare più “consapevoli” dell’Europa immaginano, è che venga fatto un piccolo tentativo che metta alla prova l’articolo 5 della Nato; la parte più reattiva dell’Europa, più consapevole, non deve farsi “tirare a picco” da quella meno consapevole”.
Mieli ha brevemente parlato anche di riarmo: “Un progetto di riarmo fa parte del progetto di costruzione dell’Europa vera; se un Paese può difendersi da una minaccia, questo rappresenta una garanzia perché ci sia una pace vera”.
L’ex direttore del Corriere della Sera si è anche soffermato sull’importante ruolo verso la Pace che il nuovo pontefice, Leone XIV, può rivestire: “In un mese e mezzo di papato, possiamo vedere che il mondo è già cambiato. Lo stesso Putin, prima sempre poco propenso ad un interscambio, ha subito contattato papa Prevost: ha subito compreso che l’aria è cambiata”.
Si è così parlato anche della “cultura europea”: dove sta andando? Si va verso alla distruzione o ad una rimodulazione dell’identità europea? “Come singolo non ce la si può fare – il commento di Mieli -. La cultura di un popolo deriva dallo stare insieme, dal vivere esperienze insieme. Voi su questa terra ne siete esempio: siete un popolo con una ferita aperta, appena rimarginata, che sente il bisogno, la necessità, di stare insieme”. Ancora il giornalista: “la Cultura fa passi avanti quando si esce da un incontro con idee diverse rispetto a quando si è entrati. È fatta dal capire ragioni e torti: dal comprendere, penetrare, capire le ragioni dei perdenti e i torti dei vincitori, ma con chiarezza su dove sta il relativo bene e dove sta il relativo male, tramandando alle nuove generazioni una visione non “posticcia” della storia”. Paolo Mieli ha inoltre sottolineato come debbano rimare dei punti fermi: “resta primo chi ha subito patimenti, ingiustizie, e questo deve rimanere ben impresso nei libri di storia: “no” ad una spugna che lava via tutto”.
Ci si è poi interrogati anche sul futuro di questa Europa. Nella nuova istituzione europea, sarà la Germania a “prendere il timone” dell’Unione? “È l’unica che può per storia, indole e carattere”, il pensiero del saggista, “ha caratteristiche che altri Paesi non hanno. O la Germania fa da “locomotiva” dell’Europa, o l’Europa non si fa. Ci si sta domandando cosa potrà succedere nell’eventualità in cui salgano al Governo partiti più nazionalisti: dico che non si può, per la paura di un’eventualità, non dare vita ad un progetto che gestisce il futuro; è un’occasione alla quale non possiamo rinunciare, nonostante i dubbi e le perplessità che, non nascondo, anche io ho”.
Paolo Mieli è stato “interrogato anche sul quale ruolo per il Regno Unito dopo la Brexit: “Ha già un ruolo; si è rimesso in sintonia con l’Unione Europea, è stato critico con Putin e severo nel condannare gli eccessi su Gaza. È la nazione che dà maggiori garanzie, sono un po’ gli “Stati Uniti del continente europeo”. Il suo lo vedo come un “super-ruolo”, fa da contrappeso”. Sugli Stati Uniti invece il giornalista ha affermato che “corrono grandi rischi. Invece di far dialogare le proprie eccellenze, le mette in conflitto: questo mi preoccupa”.
In conclusione della serata di dialogo, è stato chiesto a Mieli se le “radici cristiane” nella costruzione dell’Europa siano ancora valide: “Sì, al 100% – ha asserito il giornalista -. Le radici giudaico – cristiane, soprattutto quelle cristiane, sono un collante indispensabile, senza di esse l’Europa non ha radici. Si tratta di essere padroni della nostra storia, riconoscere da dove veniamo: un mondo senza radici, è un mondo che non ha senso di esistere”.

La rassegna “Europa, culture in dialogo. Superare i confini per essere Capitale di una Cultura europea” proseguirà ora il 4 luglio con Roberto Antonione, già presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, quindi il 12 settembre Marta Kos, Commissaria europea per l’Allargamento. Successivamente saranno ospiti della rassegna culturale due ex presidenti del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana: il 29 settembre Paolo Gentiloni, Enrico Letta il 27 ottobre. Sabato 8 novembre è invece atteso il cardinale Luis Antonio Tagle, prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione.